Esistono cibi che aiutano a prevenire i tumori? Quanti mangiarne? Che cosa dice la scienza sui «superfood»

Quello che mangiamo (e beviamo) è importantissimo: 4 tumori su 10 sono causati da stili di vita sbagliati, ma cosa possiamo dire sui singoli alimenti? Dai semi di chia, alle bacche di goji, all’acqua di cocco: tutto quel che serve sapere sui «cibi straordinari»

Esistono cibi che aiutano a prevenire i tumori?

«Ci sono voluti 50 anni per ottenere evidenze che convalidassero l’ipotesi che gli stili di vita, in primo luogo ciò che mettiamo nel piatto, sono all’origine di oltre la metà dei tumori e che possiamo fare parecchio per limitare le probabilità di ammalarci — chiarisce Elena Dogliotti, biologa nutrizionista e supervisore scientifico per la Fondazione Umberto Veronesi (fra gli autori del manuale «Alimentazione e salute», scaricabile gratis sul sito della Fondazione) —. Di fatto ad oggi gli alimenti che hanno dimostrato avere un’influenza significativa sulla riduzione del rischio di cancro sono: i vegetali non amidacei (quali spinaci, cavoli, verdure a foglia verde, cipolle, cetrioli, funghi, cavolfiori, peperoni, broccoli, cavolini di Bruxelles e asparagi) e la fibra considerata come elemento a sé. Diventa invece difficile capire quali siano le molecolecontenute negli ortaggi ad avere un ruolo chiave in questa protezione».

I «superfood» sono davvero straordinari?

«Stando agli slogan con cui spesso vengono presentati, i “superfood” sono estremamente ricchi di nutrienti e portano incredibili benefici — spiega Dogliotti —, ma in molti casi si tratta appunto di slogan, tanto che dal 2007 l’Unione Europea ha vietato l’uso di questa denominazione sulle confezioni, per arginare l’utilizzo spropositato a fini di marketing. Come ogni mito, però, anche quello dei supercibi nasconde un fondo di verità: è indubbio che alcuni alimenti, per esempio frutta e verdura, sono più salutari di altri, come dolciumi o fritti. Nessun singolo alimento ha, da solo, però, qualità “miracolose”».

Quindi li compro o non li compro?

«È importante capire che difficilmente potremmo acquistare un cibo che risolve ogni problema – risponde Dogliotti —. La soluzione per una dieta sana è sempre la stessa: un’alimentazione moderata e varia, che prevede quotidianamente tanta verdura, frutta, cereali integrali, latticini a basso contenuto di grassi e altre fonti proteiche da alternare nella settimana (privilegiando pesce e legumi oltre a fonti di grassi “buoni” come l’olio extravergine di oliva). Resta poi il fatto che determinati alimenti sono particolarmente ricchi di nutrienti, minerali e vitamine o di antiossidanti e composti bioattivi».

Quanti cibi buoni si devono mangiare per avere un effetto protettivo?

Non esiste un cibo che da solo è in grado di prevenire i tumori, né un nutriente che possa essere di per sé una panacea per la prevenzione. Neppure se ingurgitato in quantità enormi. Se si vuole ridurre il rischio di ammalarsi di tumore è necessario adottare più stili di vita corretti: in particolare mangiare in maniera adeguata, evitare i chili di troppo e non fumare. «Premesso ciò, alcune ipotesi fatte su studi in vitro che iniziano a essere confermate anche sull’uomo riguardano l’effetto benefico dei broccoli e del resto della famiglia dei cavoli o crucifere grazie al contenuto dei glucosinolati — dice Dogliotti —. Per quanto riguarda il pomodoro il merito del sui benefici sarebbero da attribuire al carotenoide licopene, ancora più disponibile se il pomodoro viene cotto. I fitoestrogeni della soia come la genisteina darebbero il loro contributo di protezione verso il tumore al seno. Antocianidine ed acido ellagico sono le molecole protettive tipiche dei frutti di boscomentre l’allicina derivata dalle liliacee (comeaglio, cipolla, porri) funzionerebbe da difesa contro gli effetti dannosi di molecole cancerogene come le nitrosammine».

Qual è stato il primo super cibo?

Il termine «superfood» non è stato coniato da nutrizionisti o dietisti, ma dai pubblicitari. La prima volta che si è parlato di qualità «incredibili e innovative» di un alimento è stato durante la Prima Guerra Mondiale, quando la United Fruit Company, multinazionale specializzata nel commercio di frutta tropicale, pubblicò un’entusiasta campagna propagandistica per promuovere il suo maggior prodotto: le banane. Con tanto di brochure che illustravano l’incredibile valore nutrizionale delle banane, la compagnia consigliava di consumare il frutto giallo ogni giorno: era economico, nutriente, facilmente digeribile (sia cotto che crudo) e, grazie alla sua buccia, riduceva al minimo le difficoltà di conservazione. Col passare del tempo, la banana è entrata così nell’immaginario collettivo come frutto estremamente sano, quando in realtà, a parte il vantaggio della praticità, non possiede particolari virtù rispetto ad altri frutti.

Cosa c’è di vero sui mirtilli?

Il mirtillo inizia la sua carriera da star dei superfood nel 1991, quando l’Istituto Nazionale sull’Invecchiamento e il Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti sviluppano uno strumento di valutazione chiamato ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity), per misurare il potere antiossidante degli alimenti. «Gli antiossidanti sono molecole che possono aiutare a ridurre la quantità di radicali liberi dannosi nel corpo, e per questo si ritiene che un alimento con proprietà antiossidanti possa essere d’aiuto per contrastare una serie di patologie, tra cui anche il cancro — spiega Dogliotti —. L’elenco di vari alimenti, tra cui cacao, bacche, spezie e legumi, assieme ai rispettivi punteggi ORAC, fu pubblicato sul sito web del Dipartimento. I mirtilli erano in cima alla lista, e furono così promossi come elisir per anni, nonostante i dati scientifici sulle loro proprietà fossero deboli. È stato calcolato che la produzione di mirtilli negli Stati Uniti è raddoppiata dal 1998 al 2006 e ha continuato ad aumentare ogni anno fino al 2016, nonostante il metodo ORAC sia stato ritenuto non attendibile e il database sia stato chiuso nel 2011».

A cosa serve l’avocado?

I benefici dei frutti di Persea americana sono tutti negli acidi grassi monoinsaturi(i cosiddetti «grassi buoni») che proteggono il sistema cardiocircolatorio, acidi grassi che possiamo però ritrovare anche in alimenti tipici della nostra tavola come l’olio d’oliva. La presenza di grassi rende l’avocado estremamente calorico, basti pensare che un frutto medio (di circa 200 grammi) apporta circa 462 chilocalorie, quasi quanto una barretta di cioccolato fondente da 100 grammi. «Possiamo quindi dire che l’avocado va consumato in quantità moderate, quasi come la frutta secca, o si rischia di ingrassare vanificando così tutti gli sforzi per proteggere il sistema cardiocircolatorio – sottolinea Dogliotti —. Sempre che questa protezione sia davvero rilevante: infatti la ricerca pubblicata nel 2013 che era giunta a questa conclusione era finanziata dall’Hass Avocado Board, gruppo stabilitosi negli Stati Uniti nel 2002 per promuovere il consumo di avocado nel Paese. Inoltre l’avocado non è una scelta sostenibile per l’ambiente, poiché richiede un’elevata quantità di acqua per essere coltivato».

Semi di chia, sono super ma…

I semi di Salvia hispanica, pianta floreale originaria del centro-sud America, contengono molti Omega-3: 17 grammi su 100, per la precisione, quattro volte più delle sardine e otto volte più del salmone. «Insomma, dei veri super-semi – dice l’esperta —. Se non fosse che si tratta di Omega-3 diversi, a catena corta, assimilabili meno efficacemente dal nostro corpo rispetto a quelli a catena lunga. Quindi per avere un sufficiente introito di questi grassi essenziali converrebbe ancora mangiare pesce, ma per chi non lo ama è necessario attingere da più fonti vegetali oltre ai semi di chia, come i semi di lino, l’olio extravergine di oliva e le noci».

Le bacche di goji (come spinaci e kiwi)

Ne esistono due specie, e il loro nome scientifico è Lycium barbarum e Lycium chinense. Appartengono da sempre alla tradizione cinese e tra i loro grandi meriti c’è il contenuto elevato di vitamina C. «È stato inoltre dimostrato che contengono alti livelli di zeaxantina (7,38 milligrammi per 100 grammi di prodotto), un carotenoide che ha comprovati effetti positivi sulla degenerazione deltessuto ocularelegata all’età — spiega Dogliotti —. Però anche queste bacche vengono in molti casi surclassate da frutta e verdura nostrana: gli spinaci infatti vantano 12 mg. di carotenoidi su 100 grammi e i limoni o i kiwi sono ricchissimi di vitamina C. La reale differenza è forse solo nel prezzo: pochi euro per limoni e spinaci, svariate decine di euro al chilo per le bacche di goji».

Alghe fonte di iodio

Le alghe commestibili, di cui esistono diverse varietà, sono ricche di iodio, calcio e ferro. «Anche in questo caso però, nessun “superfood” — chiarisce la nutrizionista —. Le alghe sono effettivamente una fonte importante di iodio (e di selenio rilevante per assorbire lo iodio) e possono essere prese in considerazione come fonte di questo minerale al posto del sale iodato. Per gli altri nutrienti (altri sali minerali, proteine, vitamine) abbiamo diverse fonti altrettanto valide. Inoltre, alcuni studi evidenziano il probabile apporto in alcune alghe di vitamina B12, vitamina di produzione batterica solitamente presente solo negli alimenti animali, ma in considerazione dell’estrema variabilità di contenuto nelle varie tipologie di alghe, è bene che chi segue un’alimentazione vegana non faccia troppo affidamento esclusivo su questa fonte per evitare carenze».

Acqua di cocco meglio di quella normale?

Qualcuno dice che sia più idratante dell’acqua minerale perché ricca di zuccheri ed elettroliti. La bevanda è ottenuta dalle noci ancora verdi ed è considerata un’alternativa più naturale rispetto alle bevande energizzanti per gli sportivi. Il suo successo si basa sull’idea che i suoialti livelli di potassioincrementino l’assorbimento dell’acqua. È così? Sembrerebbe di no: secondo uno studio del 2012 su sportivi, infatti, non solo non esistono differenze tra acqua di cocco e acqua «normale» in termini di capacità di reidratazione ma, anzi, chi aveva bevuto acqua di cocco evidenziava sensazione di gonfiore e pesantezza gastrica.

 

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